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Perché un sensore full frame cattura più luce di uno APS-C

 


 

Prima di iniziare un avvertimento: se non siete ferrati in fisica, matematica, geometria e trigonometria, non continuate. Questo articolo è mirato, intanto a chi interessa questo argomento un po’ noioso, e poi a chi ha, per percorso scolastico o professionale, gli strumenti per capire quanto scrivo. Non ci sono modi diversi per spiegare l’argomento di questo articolo perciò, se volete continuare, fatelo sapendo che potrebbe esserci qualcosa che non riuscite a capire. E’ un po’ come la TV: tutti la sappiamo usare tramite il telecomando ma in pochi sappiamo veramente come funziona e siamo in grado di capire la circuiteria interna. Per guardare un programma non è necessario ma qualcuno, a volte, vuole approfondire. Qui è lo stesso. Per fotografare non serve sapere quanto sto per scrivere ma qualcuno (io per primo che ho fatto lo studio) vuole saperlo. Buon divertimento.

 

I parametri che influenzano la quantità di fotoni (la luce) catturata da un sensore (o una pellicola, è lo stesso) sono:

 

  1. Il campo inquadrato;

  2. Il tempo;

  3. Il diaframma;

  4. La dimensione del sensore.

 

La sensibilità ISO impostata sulla macchina influenza tempo e/o diaframma ma non influenza direttamente il numero di fotoni catturati.

Il punto 2, il tempo, deve essere uguale a quello che impostiamo e leggiamo. Nella pratica non è esattamente così ma ci siamo molto vicini.

Il campo inquadrato (1) dipende dalla focale dell’obiettivo e dalla dimensione del sensore (4) (ricordate il fattore di crop, 1,5 per Nikon e 1,6 per Canon?).

 

Il diaframma (3) NON è invariante. Quel numero rappresenta il rapporto tra la lunghezza focale e l’apertura fisica del foro attraverso cui passa la luce (non è proprio così ma è una buona approssimazione, vedi Il Diaframma).

 

 

Vediamo cosa significa tutto ciò da un punto di vista geometrico:

 

Innestiamo sulla full frame un 50 mm. Sulla APS-C dovremmo montare un 35 mm (35 x 1,5 = 52 mm, quasi uguale) per avere lo stesso campo inquadrato. Calcolando l’esposizione avremo lo stesso valore d’esposizione (EV), cioè la stessa terna ISO, tempo e diaframma.

Ma, a parità di ISO, tempo e diaframma, l’apertura fisica del diaframma è maggiore nel caso della full frame, quindi entra più luce.

 

 

Osserviamo due cose:

 

ÿ       Le compatte hanno focali molto corte per avere angoli di campo come quelli a cui siamo abituati, quindi il loro diaframma ha un foro molto piccolo, e ci avviciniamo al punto dove la diffrazione diventa avvertibile. Vedi http://www.aristidetorrelli.it/Articoli/LaDiffrazione.htm.

ÿ       La differenza nella quantità di luce che entra è pari al fattore di crop, quindi circa un diaframma in questo caso (2 nel caso del Quattro Terzi di Panasonic ed Olympus).

 

La spiegazione geometrica è semplice e potremmo fermarci qui. Ma io voglio approfondire per “contare i fotoni” e verificare che l’osservazione fatta (la differenza nella quantità di luce che entra è pari al fattore di crop) abbia basi scientifiche corrette. Vorrei inoltre calcolare il numero di fotoni in condizioni limite (pochi fotoni) per verificare che il loro numero sia sufficientemente basso da avere solo shot noise, come affermato da DxO.

Entriamo più nel dettaglio. Di nuovo attenzione, se non avete una solida base di matematica e fisica è inutile che continuiate. Fidatevi della spiegazione “geometrica” esposta sopra.

 

Quanti fotoni sono disponibili per essere “misurati” dal sensore (o pellicola)?

 

La luce del sole a livello suolo ha un’intensità di circa 1kW/m2 (in alta atmosfera è 1,37 kW/m2) prendendo a riferimento un’incidenza normale (90°) che fornisce la massima luminosità. Di questa luce ne vediamo solo il 40%, il resto è principalmente luce ultravioletta (poca) e infrarossa (la maggior parte).

 

Aggiungiamo ora il dato relativo all’energia di un fotone:

E = hn

Dove h è la costante di Planck e vale 6*10-34 mentre n = c/l

 

A 500 nm di lunghezza d’onda l (semplifico i calcoli scegliendo un valore di l e non tutto lo spettro. 500 nm è nella banda del verde, quella a cui l’occhio è più sensibile) abbiamo che n = 6*1014 sec-1 e quindi

E = 3,6 * 10-19 joules/fotone è l’energia del singolo fotone.

 

 

Ora dobbiamo scegliere se utilizzare i 400 W/m2 che vediamo od un valore inferiore per esplorare le ombre e misurare il rumore. Per la domanda iniziale (Entra più luce in una full frame?) è la stessa cosa ma è interessante esaminare il comportamento ad alti ISO (bassa gamma dinamica) e valori presi all’estremo inferiore della gamma dinamica (ombre). Immaginiamo di aver impostato 3200 ISO, per avere un tempo di scatto veloce e quindi permettere a pochi fotoni di entrare. La gamma dinamica sarà di circa otto diaframmi (ipotesi confermata anche dai test di Tutti Fotografi ed altri). Otto diaframmi significa 1/256 –esimo di luce, cioè una densità di 400/256 = 1,5 W/m2 relativamente all’ultimo degli otto diaframmi. Ricordiamo infatti che ogni diaframma della gamma dinamica riceve la metà della luce del diaframma precedente (vedi Il Raw).

Avendo calcolato l’energia del singolo fotone, abbiamo che la densità di fotoni è 4 * 1018 fotoni/secondo/m2. (1,5 / 3,6 *10-19 = 4,1 * 1018).

 

Passiamo alla fotocamera full frame su cui abbiamo montato il 50 mm di cui sopra. Ad un metro la zona inquadrata è di 720 x 480 mm (si calcola con l’angolo di campo, la distanza ed un po’ di trigonometria), ovvero di 0,35 m2. La densità di fotoni è perciò 1,5 * 1018 fotoni per secondo (0,35 * 4 * 1018). Questo valore rappresenta l’ombra più scura che la fotocamera è in grado di catturare.

 

Immaginiamo una scena sunny sixteen (no, non è una bella sedicenne che prende il sole, è la regola classica che dice che un soggetto illuminato da luce frontale non coperta ha esposizione pari a f/16 di diaframma e tempo pari a 1/sensibilità ISO). Abbiamo quindi come parametri di esposizione f/16 e 1/3200 sec.

 

Ogni punto nel campo inquadrato riflette la luce secondo un angolo solido emisferico (ipotesi ottimistica, qualche punto rifletterà secondo una sfera). La luce che viene rimandata verso il sensore è la luce riflessa moltiplicata il rapporto tra l’angolo solido dell’apertura dell’ottica visto dal punto dell’oggetto riflettore diviso l’emisfera (2P).

 

Un’ottica da 50 mm a f/16 ha un’apertura (diametro) di 3 mm (50/16) e un raggio di 1,5 mm. Il rapporto di cui sopra vale, allora:

P* 1,52/2P*10002, cioè 10-6.

 

La densità di fotoni che troviamo sull’apertura del diaframma è circa 1,5 * 1012 fotoni al secondo (1,5 * 1018 * 10-6).

 

Quanti fotoni investono il singolo pixel? Immaginiamo la mia 5D da 12 megapixel. Partendo dalla densità, il calcolo è facile:

1,5 * 1012 / 12 * 106 = 12 * 104 fotoni/sec.

Avendo detto che il tempo di esposizione è 1/3200 sec, arrivano su un pixel 37 fotoni.

 

E’ un valore sufficientemente piccolo per poter avere del rumore anche se il sensore fosse perfetto. Scegliere i 3200 ISO ci ha permesso di verificare la nostra ipotesi di presenza di rumore fotonico.

Inoltre possiamo anche dire che mentre si va da 100 ISO a 3200 ISO si perdono dai 3 ai 5 diaframmi di gamma dinamica (prove di TuttiFotografi) ma la sensibilità nelle ombre aumenta solo di uno o due stop. La maggior parte del guadagno in sensibilità va nelle alte e medie luci. Nelle ombre, infatti, la sensibilità è limitata dal rumore fotonico (variazione statistica nel numero di fotoni registrati per pixel). Con 37 fotoni ho un rapporto segnale/rumore di Ö37 = 6, veramente basso. Questo valore consente ancora di distinguere un segnale reale con elevata probabilità (non certezza), ma permette di avere fluttuazioni del segnale in presenza della stessa luce incidente, portando a immagini piene di rumore.

 

E se avessimo montato il 35 mm sulla APS-C? Inquadrerebbe la stessa zona, 720 x 480 mm ma ad f/16 ha un’apertura di 35/16 = 2 e, quindi, raggio = 1. Quindi:

P* 12/2P*10002, cioè 5 * 10-7.

 

La densità di fotoni che troviamo sull’apertura del diaframma è circa 1012 fotoni al secondo (1 * 1018 * 10-6).

 

Quanti fotoni investono il singolo pixel? Immaginiamo una Nikon D300 da 12 megapixel. Partendo dalla densità, il calcolo è facile:

1 * 1012 / 12 * 106 = 8 * 104 fotoni/sec.

Avendo detto che il tempo di esposizione è 1/3200 sec, arrivano su un pixel 25 fotoni.

 

Quindi sulla full frame da 12 megapixel 37 fotoni per pixel, sulla APS-C da 12 megapixel 25 fotoni per pixel.

 

Ovviamente se avessi più megapixel avrei meno fotoni per pixel, peggiorando le cose e costringendo il software di elaborazione dei segnali a fare dei miracoli.

 

 

 

E se avessimo deciso di analizzare le alte luci?

 

In questo caso avremmo dovuto procedere così.

 

Immaginiamo di aver impostato sempre 3200 ISO. La densità sarà di 400/1 = 400 W/m2. Ricordate che ora stiamo osservando il primo diaframma.

Avendo calcolato l’energia del singolo fotone, abbiamo che la densità di fotoni è 111 * 1019 fotoni/secondo/m2.

 

Passiamo alla fotocamera full frame su cui abbiamo montato il 50 mm di cui sopra. Ad un metro la zona inquadrata è di 720 x 480 mm, ovvero di 0,35 m2. La densità di fotoni è perciò 38,9 * 1019 fotoni per secondo. Questo valore rappresenta il valore più luminoso che la fotocamera è in grado di catturare.

 

Immaginiamo la solita scena sunny sixteen. Abbiamo quindi sempre f/16 e 1/3200 sec.

 

Ogni punto nel campo inquadrato riflette la luce secondo un angolo solido emisferico (ipotesi ottimistica, qualche punto rifletterà secondo una sfera). La luce che viene rimandata verso il sensore è la luce riflessa moltiplicata il rapporto tra l’angolo solido dell’apertura dell’ottica visto dal punto dell’oggetto riflettore diviso l’emisfera (2P).

 

 

Un’ottica da 50 mm a f/16 ha un’apertura di 3 mm (50/16) e un raggio di 1,5 mm. Il rapporto di cui sopra vale, allora:

P* 1,52/2P*10002, cioè 10-6.

 

La densità di fotoni che troviamo sull’apertura del diaframma è circa 39 * 1013 fotoni al secondo.

 

Quanti fotoni investono il singolo pixel? Immaginiamo la mia 5D da 12 megapixel. Partendo dalla densità, il calcolo è facile:

39 * 1013 / 12 * 106 = 325 * 105

Avendo detto che il tempo di esposizione è 1/3200 sec, arrivano su un pixel 10156 fotoni.

 

Con tutti questi fotoni ho un rapporto segnale/rumore  elevato.

 

E se avessimo montato il 35 mm sulla APS-C? Inquadrerebbe la stessa zona, 720 x 480 mm ma ad f/16 ha un’apertura di 35/16 = 2 e, quindi, raggio = 1.

Quindi quanti fotoni investono il singolo pixel? Immaginiamo una Nikon D300 da 12 megapixel. Avendo detto che il tempo di esposizione è 1/3200 sec, arrivano su un pixel 6670 fotoni.

 

 

Se avessimo usato una sensibilità più bassa avremmo avuto tempi di scatto superiori (più lunghi) a 1/3200 sec e quindi più fotoni. Scattare ad 1/100 sec significa lasciare l’otturatore aperto 32 volte di più rispetto a 1/3200 sec e quindi significa far entrare 32 volte più fotoni. Avere più fotoni significa avere un rapporto segnale/rumore migliore quindi immagini più pulite, motivo per cui si consigli sempre di scattare a sensibilità basse.

 

In più, quello che si nota come regola generale è che il numero di fotoni che cade sul sensore APS-C, a parità di scena inquadrata e delle altre condizioni fissate all’inizio, è inferiore al numero di fotoni che cade su un sensore full frame di un fattore pari a quello che si chiama “Crop factor” (1,5 per Nikon e 1,6 per Canon).

 

Conclusione

Insomma, come affermato all’inizio, a parità di ISO, tempo e diaframma, l’apertura fisica del diaframma è maggiore nel caso della full frame, quindi entrano più fotoni cioè più luce. E questo vale sempre, a parità di campo inquadrato, tempo e diaframma. Sensori/pellicole più grandi ricevono più luce3 di sensori/pellicole più piccole.

 


©2009 Aristide Torrelli