Le aperture di diaframma non servono più!
Pronti ad una provocazione pesante? Sicuri? Ok, lo
avete detto voi.
Abbiamo
ancora bisogno di una ventina di aperture di diaframma uniformemente spaziate di
1/3 di stop?
Pausa.
Pausa più lunga.
Pausa ancora più lunga (aspetto
che ripartano i pace maker).
Sono passati più di 100 anni dalla standardizzazione
dei valori di apertura di diaframma e oggi possiamo variare tali valori ad
intervalli di 1/3 di stop. Possiamo andare da f/2.8 a f/16 passando per una
serie di valori intermedi, per un totale di 16 valori di diaframma!
2.8 |
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4 |
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5.6 |
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8 |
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11 |
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16 |
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3.3 |
3.5 |
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4.5 |
5.1 |
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6.3 |
7.1 |
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9.20 |
10.20 |
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13 |
14.4 |
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Ho cominciato a ragionare su questa cosa, la scorsa
estate. Mi trovavo a Canyonlands, sul bordo del Green River Overlook, e stavo
regolando la fotocamera per uno scatto. Oltre a disabilitare l’autofocus, perché
di solito focheggio in manuale sull’iperfocale e non voglio che l’AF mi rovini
una impostazione precisa e difficile da rimettere a posto, ho visto che usavo
sempre e solo f/16. Mi sono chiesto, mentre il sole tramontava colorando il
paesaggio ed io scattavo con lo scatto remoto, che significato avessero per me
gli altri valori di diaframma e mi sono risposto: praticamente nessuno. Nei
giorni successivi, durante altre foto ad f/16, ho ripensato ai miei primi scatti
(1970) con una Kodak Instamatic, dotata di due sole aperture di diaframma, luce
e ombra (erano segnalate così sulla macchinetta). Eppure le foto “venivano” e io
non chiedevo altro. Cos’era cambiato negli anni, con l’introduzione degli
automatismi?
La Kodak Instamatic 133.
Notate la ghiera intorno all’obiettivo che permette di scegliere sole e ombra (o
flash).
Quando usavamo la pellicola, la sensibilità ISO era
fissata per tutto il rullino. Evitiamo il caso di chi cambiava il rullino a metà
per cambiare ISO o esponeva metà rullino con una sensibilità e l’altra metà con
una sensibilità diversa. Gli automatismi introdussero la priorità dei diaframmi
e la priorità dei tempi. Poiché gli ISO erano fissi, una volta fissato il tempo
o il diaframma, l’altro doveva variare con continuità per permettere una
esposizione corretta. In realtà, noi fotografi quante aperture di diaframma
utilizzavamo? Non più di tre. Tutta apertura per foto con luce scarsa,
un’apertura intermedia che dava le massime prestazioni ottiche, un’apertura
piccola (ma non troppo, per evitare la diffrazione) per la massima profondità di
campo. Eppure i libri erano pieni di tabelle di profondità di campo in relazione
alla chiusura del diaframma e bla bla bla… Però, per una data focale, ci
bastavano solo tre aperture.
Tuttavia, proprio per l’automatismo a priorità dei
tempi, dovevamo avere aperture arbitrarie, perché, una volta fissata la
sensibilità ISO (il rullino) e scelto il tempo (ad es. 1/500 s per fermare il
movimento), l’apertura sarebbe dipesa dalla luce presente. Perciò, se volevamo
esposizioni precise, avevamo bisogno di tante aperture intermedie.
Cosa c’è di diverso oggi, o meglio da qualche anno?
Possiamo variare la sensibilità ISO per ogni singolo
scatto. Perciò, se lavoriamo in priorità dei diaframmi, non cambia nulla.
Scegliamo la sensibilità ed il diaframma (tutto aperto, massima qualità, massima
PdC) e la fotocamera sceglie il tempo con continuità. Ma se scattiamo in
priorità dei tempi, scegliamo il tempo
e possiamo scegliere il diaframma (tutto aperto, massima
qualità, massima PdC)
variando gli ISO
(al limite Auto ISO). E con le fotocamere di oggi non è più un problema di grana
alzare gli ISO.
La odierna progettazione delle fotocamere si porta dietro delle eredità dal passato. A volte sono cose utili, a volte non lo sono più. Se ci pensate, non abbiamo più bisogno di tutte queste aperture che troviamo sulle fotocamere odierne. Certo, non è semplice eliminarle dalla testa delle persone e non solo dalle fotocamere. Tuttavia, quando sono in campo a fotografare, penso sempre f/16 ed essere lì e non mi mancano le altre aperture.
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©2011 Aristide Torrelli